Protesta contro le decisioni del Governo in materia di giustizia e astensione dalle udienze: si, ma con riserve
Per i giorni del 23 e del 24 febbraio 2012 l'OUA (Organismo Italiano Avvocatura) ha indetto due giornate di protesta contro le proposte avanzate dal Governo in materia di giustizia.
Durante tali giornate sono previste una serie di iniziative tra cui anche l'astensione dalle udienze (più note come "sciopero degli avvocati").
I motivi di tale protesta sono diversi, tra cui la mancata attuazione della Riforma dell’ordinamento forense, il programma di liberalizzazione delle professioni e l'emanazione di provvedimenti urgenti in materia di giustizia, senza la preventiva consultazione delle parti.
Certamente la giustizia italiana versa in uno stato di profonda crisi che produce, non soltanto inevitabili riflessi economici nella vita dei privati e delle imprese, ma anche nella possibilità stessa di tutelare i diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini.
In questo quadro, dunque, i provvedimenti fino ad ora presi dal Governo non sembrano andare in una direzione atta alla risoluzione dei problemi.
Fino ad ora si è intervenuti sulle cosiddette "liberalizzazioni" in maniera indiscriminata, di fatto andando così ad eliminare qualsiasi parametro di riferimento per la quantificazione del compenso in favore dei professionisti, non solo avvocati.
Se è vero che la professione legale ha probabilmente la necessità di adeguarsi in qualche modo al mercato, soprattutto in un'ottica che vada al di là della solo visione nazionalista, è altrettanto vero che tale percorso andava affrontato in maniera graduale con le varie categorie interessate e non, invece, con la frettolosa introduzione di un articolo (art. 9 DL 1/2012, già oggetto di un nostro precedente contributo) di legge che ha semplicisticamente eliminato tutte le tariffe professionali attualmente in vigore senza fornire alcun elemento utile a determinare in maniera alternativa il "valore economico" del nostro lavoro.
Una soluzione così superficiale del problema, dunque, a modesto parere di chi scrive (che non è in assoluto contrario alla possibilità di determinare in maniera alternativa il compenso in favore del professionista, ma preferirebbe che vi siano quantomeno dei parametri più certi per farlo) rischia, piuttosto, di trasformare l'attività dell'avvocato, costituzionalmente garantita dall'art. 24 della Costituzione in una attività commerciale, nè più, nè meno dignitosa del rivenditore di elettrodomestici che cerca di applicare il maggior sconto per attirare i clienti.
Si è cercato anche nel recente passato di intervenire sul processo civile, attraverso l'introduzione di nuove norme, apparentemente tese a ridurre o a velocizzare il contenzioso, ma che di fatto hanno reso soltanto più difficile la gestione dei processi. Si pensi su tutti all'istituto della media-conciliazione (ancora al centro di numerosi problemi applicativi) e alla necessità di formulare una dichiarazione di persistenza di interesse per i procedimenti più datati, ancora pendenti in appello, a pena di estinzione degli stessi.
Non solo, ma si è consentito, ad esempio, di creare nuove società tra professionisti, all'interno delle quali consentire la presenza di soci di mero capitale con evidente rischio di far prevalere interessi economici incompatibili con le caratteristiche di autonomia e imparzialità dell'avvocato.
Tale atteggiamento tenuto dal Governo, dunque, non è stato probabilmente rispettoso delle vere esigenze, più volte sottolineate dalle categorie e mai ascoltate.
Nell'esplicare le ragioni della protesta l'Organismo unitario dell'Avvocatura ha formulato varie proposte per correggere quanto sino ad ora elaborato dal Governo, tra cui si segnalano:
- la necessità di modificare la figura della società tra professionisti,
- la necessità di mantenere una tabella nazionale di riferimento dei compensi professionali,
- la necessità di modernizzare il processo civile attraverso la reale diffusione di quello telematico su tutto il territorio nazionale;
- la necessità di smaltire gli arretrati giudiziari anche attraverso una seria riforma della Magistratura Onoraria;
- la necessità di abrogare la obbligatorietà della media conciliazione, anche alla luce della rimessione della questione alla Corte Costituzionale ed al sostanziale fallimento dell'istituto con rinvio dell'introduzione prevista a partire dal 12.03.2012 per le cause relative a sinistri e condominio;
- la necessità di ridurre i costi di accesso alla giustizia
- la necessità di ribadire che il tirocinio forense vada espletato unicamente presso gli studi legali;
Come detto in premessa, per segnalare le ragioni della protesta, verranno effettuate varie iniziative tra cui l'occupazione “simbolica” degli uffici giudiziari con manifestazioni territoriali e conferenze stampa in cento uffici giudiziari nei giorni del 23 e 24 febbraio 2012, manifestazioni davanti ai Palazzi del potere, incontri con le forze politiche e astensione degli avvocati dalle udienze nelle medesime giornate.
Per leggere il comunicato integrale e avere maggiori chiarimenti è possibile cliccare su questa pagina.
Premesse le ragioni dell'astensione, certamente in gran parte condivisibili intendiamo aggiungere qualche considerazione in proposito, spiegare come si orienterà il nostro studio e quali sono le iniziative che andrà a proporre.
Riteniamo che, non soltanto oggi, ma da molti anni i governi che si sono succeduti, non sono mai riusciti a comprendere, a pieno, i problemi del nostro sistema giustizia.
Abbiamo, infatti, assistito negli ultimi 20 anni a numerosissimi interventi sul processo civile, senza che di fatto ciò abbia favorito uno snellimento o una riduzione dei tempi dello stesso.
Anzi i continui cambiamenti ci hanno costretto ad adeguare la forma dei nostri atti alle novità in gran parte soltanto formali proposte dal legislatore senza che ciò favorisse in alcun modo i clienti, ma anzi rendesse la nostra attività soltanto più complessa.
Stiamo cercando di accettare l'istituto della media-conciliazione che, almeno nell'esperienza del nostro studio, non è stata affatto felice, ma che va comunque rispettata perchè prevista dalla legge.
Stiamo spiegando, con difficoltà, ai nostri clienti che le spese di giustizia per avviare una causa sono aumentate a dismisura (abbiamo assistito a tre recenti aumenti del contributo unificato e da poco anche delle spese per gli ufficiali giudiziari), ma che comunque è necessario anticiparle, altrimenti la loro causa non può iniziare.
Dove è possibile stiamo cercando di fornire assistenza giudiziaria con il patrocinio a spese dello Stato a chi non ha condizioni di reddito che gli consentano di sopportare gli onorari di un legale, ma come ormai avviene da tempo i fondi dello Stato sono insufficienti e prima di ricevere il pagamento per l'attività espletata passano anche oltre tre anni.
Stiamo assistendo ad un lento e progressivo degrado delle strutture giudiziarie ormai non più adeguate a sostenere il carico del contenzioso pendente, anche in presenza di un organico assolutamente insufficiente a coprire le esigenze.
Stiamo assistendo a tutto questo e facciamo un'enorme fatica a spiegarlo ai nostri clienti i quali (giustamente) non possono comprendere perchè a volte una causa non si tiene per un rinvio d'ufficio o perchè passano mesi e non viene depositata una sentenza.
Eppure continuiamo ad essere (non soltanto a fare) avvocati perchè quando abbiamo scelto di svolgere tale funzione eravamo ben consapevoli di svolgere un'attività "costituzionale", l'unica riconosciuta dalla legge che consente di difendere i diritti altrui.
Ed è questo il motivo per cui, nonostante le mille difficoltà, non ci tiriamo mai indietro e continuiamo a lavorare, poichè senza avvocati non c'è diritto alla difesa.
In questo contesto, dunque, ben vengano forme di protesta se non altro per il fatto che fanno parlare del problema che è presente ormai da anni, ma non riusciamo a risolvere.
Per altro verso è anche giusto affermare che troppo spesso, in questi anni, abbiamo assistito a forme di protesta come l'astensione dalle udienze che hanno fatto ben poco parlare del problema giustizia ed anzi hanno soltanto creato disagi ai nostri clienti che si sono visti "regalare" un ulteriore rinvio e, dunque, la negazione del diritto ad ottenere giustizia in tempi brevi.
Sarebbe, perciò, necessario individuare forme di protesta non solo più efficaci ma che non ledano i diritti dei nostri clienti, atteso che lo sciopero (con tutto il rispetto per la sua storia) è diventato uno strumento probabilmente obsoleto e non in linea con i tempi.
Quello che ci manca è la possibilità di far sentire la nostra voce, di farla arrivare realmente a Governo e Parlamento (sebbene in tali sedi vi siano moltissimi colleghi) e di avviare un reale confronto che tenga conto realmente delle nostre esigenze, che in realtà sono le esigenze di giustizia dei cittadini che si rivolgono ai nostri studi.
Oggi, a differenza del passato, abbiamo degli strumenti estremamente innovativi che ci offre la rete che, con una rapidità enorme, consentono di veicolare informazioni, circolare messaggi, comunicare con i destinatari delle nostre proteste.
Ebbene, in tale contesto, sarebbe molto più utile creare dei gruppi di discussione tra colleghi, inviare messaggi email agli indirizzi del governo e dei parlamentari, a livello personale o meglio ancora a livello di istituzioni (ordini e associazioni forensi), inserire messaggi di protesta sui nostri siti web, creare petizioni, raccogliere firme e così via.
Insomma sarebbe più utile far comprendere a Governo e Parlamento che chi non è più disponibile ad accettare tale situazione non è un numero isolato di persone, ma si tratta, invece, di migliaia di avvocati che realmente fanno sentire la loro voce ed arrivare le loro idee non pregiudicando unicamente i loro clienti con l'astensione dalle udienze.
Purtroppo nelle forme di protesta organizzate dalle nostre istituzioni non vedo niente in tal senso, sebbene via siano, ad esempio numerosissimi parlamentari che fanno uso di Twitter o di Google Plus ai quali in tempo reale sarebbe possibile far arrivare le ragioni del nostro malcontento e nuove proposte per migliorare.
In tale quadro, dunque, gli avvocati del nostro studio, sebbene non condividano la scelta delle forme di protesta individuate dall'OUA, ma aderiscano, comunque, alle ragioni ad esse sottostanti, nei giorni del 23 e del 24 febbraio si asterranno dalle udienze, soltanto al fine di non dissociarsi dall'iniziativa a livello nazionale, ma cercheranno di "limitare i danni" per i propri clienti provando, cioè, ad ottenere dai magistrati rinvii non troppo lunghi che non pregiudichino il già lento svolgimento dei processi.
Proveremo inoltre a rinforzare le ragioni della protesta con forme alternative di visibilità soprattutto utilizzando lo strumento della rete e chiedendo un aiuto a tutti i colleghi o i privati cittadini che leggeranno questo nostro intervento.
Per questo motivo, vi chiediamo, innanzitutto, di farci sentire la vostra voce, facendoci conoscere la vostra opinione su quanto appena scritto, nonchè, facendoci avere idee e suggerimenti per rendere visibile la nostra protesta.
Vi segnaliamo, inoltre, che l'Avv. Emilio Curci, è presente su Twitter e che, in queste giornate, attraverso tale strumento solleciterà riflessioni e iniziative sul tema.
Chiediamo, perciò a tutti coloro che siano utenti Twitter di seguirlo cliccando sull'indirizzo www.twitter.com/emiliocurci e di partecipare al dibattito.
Crediamo sia una battaglia di civiltà e, oggi, più che mai se vogliamo provare a vincerla per garantire realmente il diritto di difesa ai nostri cittadini non possiamo tirarci indietro.
Aiutateci innanzitutto commentando questo post.
Buon lavoro a tutti
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