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Riforma forense: cosa cambia per i compensi degli avvocati e per il nostro studio.

A seguito  delle recenti innovazioni apportate dalla legge n. 247/2012 che ha approvato la c.d. riforma forense riteniamo opportuno segnalare ai nostri clienti cosa cambia in relazione alle modalità di determinazione del compenso degli avvocati.

In via preliminare va detto che, stanti le modifiche già operate dal decreto liberalizzazioni (DL 1/2012), convertito con la legge n. 27/2012, in realtà, il rapporto tra cliente e avvocato è regolamentato, come tutti i contratti d'opera professionale, dall'art. 2223 del Codice Civile.

Rispetto al passato cambiano, però, i criteri di determinazione del compenso, originariamente quantificato, in mancanza di espresso accordo tra le parti, secondo differenti criteri e cioè, le tariffe, gli usi o, in extremis dall'autorità giudiziaria.

Come già descritto in precedenti contributi la legge 27/2012 ha completamente abrogato le tariffe professionali e, dunque, tale criterio di determinazione è venuto completamente a cadere con la conseguenza che, quelle previste per la categoria degli avvocati, non sono ormai più utilizzabili.

Ne consegue che criterio principale, non può che diventare l'accordo tra le parti, al momento del conferimento dell'incarico (ormai non più vincolato come un tempo dal tetto dei "minimi tariffari") ma rimesso completamente alla libera determinazione di cliente e professionista.

In mancanza di tale accordo la legge 27/2012 ha previsto che la determinazione del compenso sia effettuata in sede giudiziale (e cioè direttamente dal giudice eventualmente adito dall'avvocato per far quantificare il suo compenso) secondo dei parametri normativi introdotti dal DM 140/2012.

La riforma forense, recentemente approvata con la legge n. 247/2013 ha apportato delle lievi modifiche a tale sistema precisando, in realtà, per i compensi degli avvocati (e, dunque, non per tutti gli altri professionisti per i quali continuerà a valere soltanto il criterio sopra indicato) alcuni criteri di riferimento e alcuni limiti alla libertà contrattuale.

Il compenso, innanzitutto è pattuito al momento del conferimento dell'incarico, per iscritto, preceduto, se richiesto dal cliente da un apposito preventivo.

Su tale punto possiamo dire che il nostro studio, già dall'entrata in vigore della legge 27/2012 ha deciso di "contrattualizzare" il rapporto con i clienti, per ciascun incarico conferito a mezzo di apposito accordo scritto, rimettendo la determinazione del compenso ad un preventivo che deve contestualmente essere accettato dal cliente.

Ribadiamo, pertanto, anche alla luce delle recenti modifiche normative che, ogni cliente che si rivolge presso il nostro studio dovrà sottoscrivere un apposito contratto di conferimento incarico, nonchè accettare un preventivo scritto per la determinazione del compenso.

Come previsto per legge nel preventivo vengono inseriti il costo della prestazione professionale nonchè le spese vive per l'espletamento dell'incarico (es: marche da bollo, contributo unificato, ecc..) ragionevolmente prevedibili e vengono altresì resi noti il grado di complessità dell’incarico e altre informazioni utili (quali ad esempio la Compagnia che assicura i professionisti per eventuali responsabilità).

Come detto la riforma forense ha stabilito alcune importanti precisazioni in merito ai criteri utilizzabili per la determinazione dell'importo del compenso dovuto agli avvocati.

Pur lasciando le parti libere di determinare il compenso l'art. 13 della legge 247/2012 nella misura ritenuta congrua ammette anche la possibilità di prendere a riferimento quali criteri: il tempo, la quantificazione forfettaria, la convenzione avente ad oggetto uno o più affari, la determinazione per singole fasi o prestazioni, la percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene la parte non soltanto a livello economico.

La norma invece fa divieto di utilizzare il c.d. "patto di quota lite" ed ossia la determinazione del compenso in percentuale, ad esempio, sull'esito di una attività di recupero crediti e cioè ad esempio, una pattuizione che stabilisca un importo pari al 10% dell'importo che l'avvocato sarà riuscito a recuperare dal debitore.

Il criterio a percentuale è utilizzabile unicamente "a monte" e, cioè, prendendo a riferimento, al momento del conferimento dell'incarico un determinato valore dell'affare, indipendentemente dall'esito e dal risultato.

Il nostro studio, in base alla tipologia di controversia e all'importanza dell'affare può utilizzare uno qualsiasi dei criteri sopra indicati per la determinazione del compenso professionale.

Naturalmente, come sopra precisato, al di là della modalità utilizzata, sarà sempre nostra cura, rendere sin dall'inizio, chiaro e conoscibile al cliente l'importo previsto per l'espletanda attività legale.



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