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Altra importante affermazione del nostro studio legale in tema di pensione di reversibilità in favore del coniuge divorziato

Ne avevamo già parlato in un precedente post, che descriveva la vicenda giudiziaria di un'anziana signora a cui era stata negata la pensione di reversibilità da parte dell'INPDAP in quanto, il proprio coniuge con il quale era già intervenuta una sentenza parziale di divorzio, era morto nelle more del giudizio che, dunque, non aveva potuto proseguire impedendo al Tribunale di potersi pronunciare sulla quantificazione dell'assegno divorzile.

L'Ente pensionistico, infatti, partendo da una rigida applicazione dell'art. 9 della legge sul divorzio che prevede il riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge superstite unicamente quando questi sia stato riconosciuto titolare di un assegno divorzile non aveva inteso corrispondere la pensione di reversibilità in favore della moglie in mancanza di una sentenza definitiva che si fosse pronunciata sul punto.

La questione, trattata nel 2013 dal nostro studio legale, era stata già risolta favorevolmente dalla Corte dei Conti di Bari che aveva interpretato la norma in maniera più estensiva e favorevole all'avente diritto ordinando all'Ente pensionistico di corrispondere la richiesta pensione.

In realtà il problema (ad avviso di chi scrive ancora sussistente in mancanza di una modifica normativa) era sorto a causa del fatto che morendo uno dei coniugi durante il procedimento di divorzio e trattandosi di una causa vertente in tema di diritti personali non trasmissibili (è evidente che il matrimonio non si può trasmettere agli eredi) la causa era stata dichiarata improcedibile non potendo appunto proseguire nei confronti degli eredi del defunto così come, invece, accade per gran parte delle altre cause civili (es: risarcimento danni, pagamenti, ecc..).


Questo orientamento dei Tribunali è stato sempre costante, almeno fino al 2014, anno in cui la Cassazione ha iniziato a cambiare il proprio indirizzo sul punto (vedi su tutte sentenza n. 16951/2014 - sesta sezione) sostenendo invece che, nelle cause di divorzio, pur in presenza della morte di una delle parti, il procedimento può proseguire anche nei confronti degli eredi unicamente per ottenere una pronuncia in merito alla sussistenza del diritto del coniuge superstite all'assegno di divorzio.

Ovviamente tale diritto non potrà mai essere fatto valere nei confronti degli eredi quali soggetti passivi dell'obbligo di pagamento dell'assegno mai unicamente nei confronti degli Enti pensionistici tenuti al pagamento del trattamento di reversibilità.

E' evidente che, al di là della condivisibilità o meno di tale orientamento quest'indirizzo giurisprudenziale modifica profondamente la situazione aprendo la possibilità ai coniugi superstiti di ottenere un accertamento formale del diritto all'assegno divorzile che di fatto apre loro la strada al pacifico riconoscimento della pensione di reversibilità.

Ebbene, proprio partendo da tale presupposto il nostro studio legale ha assistito stragiudizialmente la moglie di un medico al quale era stata negata la pensione di reversibilità proprio perchè lo stesso era morto durante il procedimento di divorzio senza che il Tribunale si fosse pronunciato sull'assegno.

Prima di introdurre il relativo giudizio, infatti, abbiamo preferito tentare una via stragiudiziale  di dialogo argomentando nei confronti dell'istituto sulla base di quanto sopra esposto

A seguito di tanto l'Ente pensionistico in questione (ENPAM) ha inteso riconoscere, dopo averla inizialmente negata la pensione nei confronti della moglie senza farsi convenire in giudizio evitando così spese e lungaggini processuali.

Un altro importante risultato che mettiamo a disposizione di tutti coloro che si trovino in analoghe situazioni e che abbiano necessità di ricevere assistenza legale sul punto.


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